Il socio Virginio Cupioli, classe 1926, ricorda la scuola elementare cittadina dei suoi tempi (frequentò la centrale Tonini), come il regime facesse dell'istruzione uno strumento per formare il nuovo italiano nell'esaltazione del mito per la guerra di conquista.
Il sabato pomeriggio, detto sabato fascista, obbligatoriamente i ragazzi dovevano presentarsi in via Cairoli, nel cortile della chiesa di Sant'Agostino, dove venivano inquadrati i plotoni per marciare nelle vie della città, intonando inni patriottici: Fuoco di vespa, Natale di Roma, l'inno nazionale del tempo: Giovinezza, Re Imperatore, il Piave, l'Intrepido balilla.
Nelle ricorrenze venivano schierati davanti al monumento dei caduti della prima guerra mondiale in piazza Ferrari. I gerarchi in divisa (camicia nera, mappa, orbace, distintivi e medaglie sul petto) comandavano l'attenti omaggiando la statua con una corona di alloro, ordinavano saluto al Duce, saluto al Re Imperatore al grido Eia, Eia, Alalà, grido dannunziano, altri replicavano Duce a noi, ostentavano fierezza marziale, poi incolonnati, preceduti dai labari e dai gagliardetti, marciavano per le vie, di tanto in tanto segnalando la cadenza e il passo romano.
Un sabato accadde un fatto insolito, mentre la schiera marciava in corso Umberto (oggi via Giovanni XXIII) verso la stazione, un vetturino, noto personaggio simpatico del Borgo San Giuliano, (di cui si omette il nome per la privacy), con la sua carrozzella avanzava senza dar segno di fermarsi, il cadetto in testa si pose davanti: Alt, alt, ma la carrozzella avanzò ugualmente e scompaginò il corteo. Il vetturino ai rimproveri rispose: Un capess, quest l'è un caval, un'è miga un sumar (Non capisce questo è un cavallo, non è mica un somaro) da cui si può dedurre di che pasta fosse il fiaccherista, e i gerarchi non raccolsero la provocazione.
Il giorno 9 Maggio 1936 tutti i ragazzi furono fatti uscire dalle aule e condotti nel cortile della scuola Tonini, inquadrati in piedi per classi, per ascoltare il discorso del Duce tramite la radio con altoparlanti amplificati che celebrava la proclamazione dell'Impero dopo la conquista dell'Etiopia. Ricorda un brano del Duce che così parlò alle ore 11 da via dei Fori Imperiali a Roma: Levate in alto o legionari le insegne e il ferro a salutare dopo venti secoli la riapparizione dell'Impero sui colli fatali di Roma.
Seguirono grandi applausi dai gerarchi in divisa, grida di giubilo e fu comandato il saluto al Duce, mentre dagli altoparlanti squillavano le note della canzone: Faccetta nera, dell'Abissinia.
Per verità di memoria, dopo lo scoppio della guerra dal 1941 al 1947, la scuola come tutti gli altri settori della società, fu sconvolta. L'esigenza dell'istruzione metodica era impedita dalle varie carenze e i giovani del tempo ne subirono le conseguenze nel loro presente e nel loro futuro.
Virginio Cupioli