Vado a trovare i nonni e i suoi acconsentirono. Aveva il padre macchinista e lui viaggiava spesso solo. Era come prendere un tram, anche se aveva solo dieci anni. Un biondino con il viso gentile, educato, come poteva esserlo lui che era cresciuto in una buona famiglia.
Era stato promosso, superato l'esame di ammissione all'istituto con tre otto e quattro sette. Una media molto buona che permetteva di pagare la metà delle tasse. Lui ne era orgoglioso anche perché aveva ricevuto tanti complimenti e il suo successo lo andava ripetendo a chiunque fosse un poco in confidenza.
Salì sul treno con fare spavaldo aprendo di botto lo sportello e chiudendo lo scrocco con una forte spinta. Lo scompartimento era vuoto, i sedili ricoperti di un velluto grigio rigato. Lo accolse quell'odore di stantio che assumono i piccoli locali che da tempo non si aprono.
Aprì il finestrino con una certa difficoltà e manovrò l'aggancio per tendere quella specie di tavolinetto che a lui servì per appoggiarvi i gomiti nudi. Aveva i calzoni corti di panno-lenci di colore grigio chiaro con due bottoni di madreperla in fondo allo stacco. Le gambe già abbrunite, calze corte, scarpe nere e una camicia di seta bianca a mezze maniche.
Un signore anziano aprì la porta dello scompartimento, gettò una borsa nera sulla reticella, si sedette e tirò fuori dalla tasca della giacca Il Resto del Carlino. Senza alcuna espressione e con un grugno da questurino. Non diede neppure un'occhiata al bambino. Poi un altro si affaccia, occhieggia, sembra indeciso poi entra e si siede vicino.
È alto, magro, porta gli occhiali e mi sorride. Anch'io gli sorrido e mi chiede come mi chiamo. Non aspettavo altro, gli sciorino tutto il mio entusiasmo per la promozione, per le tasse che i miei non avrebbero pagato.
Mi dice: bravo, così mi piacciono i bambini. Il vecchio del grugno abbassò il giornale e ci guardò. A Cattolica scese. Allora quello degli occhiali si sedette più vicino, molto vicino. Credo che i miei nonni mi regaleranno la bicicletta da uomo, una Legnano - Ma tu sai andare in bicicletta? - Ma certo, anche senza mani - No, no è pericoloso, è molto pericoloso; io ho un nipote che ti assomiglia tanto e proprio l'altro giorno per andare senza mani è caduto e si è fatto male a un ginocchio e glielo indicò posandogli sopra la sua mano.
Ebbe una sensazione strana, come una scossa che gli tolse la voce. Il respiro si fece affannoso e i muscoli tirati, tuttavia quando gli chiese: Non ti sei offeso vero? Puoi essere mio nipote e poi gli assomigli tanto. Lui non seppe reagire, non riuscì ad aprire bocca. Scosse solo un poco la testa. Il giovane allampanato gli si avvicinò ancora, gli si addossò contro e lo stringeva soffocandolo nell'angolo in fondo vicino al finestrino.
Al bimbo uscì un grido strozzato e poi riuscì a gridare: Ma lasciami. Il treno marciava e il rumore attenuò quel grido. Nello scompartimento accanto si sentì aprire lo sportello e una voce Biglietti signori. Quello lasciò e il bimbo scappò. Il controllore era sulla porta dell'altro scompartimento e lo vide passare di corsa, urtandolo.
Il controllore era un signore anziano, sul berretto aveva due filetti. Chissà quante gliene erano capitate. Si affacciò allo scompartimento da dove il bimbo era scappato e chiese al signore seduto che guardava la campagna scorrere: È suo il ragazzino? - No, no non lo conosco neppure rispose con voce sottile.
Il controllore, con un viso contrariato, aggrottò la fronte e gli occhiali gli scesero sul naso. Chiuse lo scompartimento, si avviò con passo lento lungo il corridoio pensando: Quello è senza biglietto, avrà nove dieci anni, può essere scappato di casa.
Comunque è una bega, doveva consegnarlo alla milizia ferroviaria che lo avrebbero interrogato con i loro modi gentili, poi avrebbero telefonato ai genitori che avrebbero dovuto venire a riprenderlo. Nell'angolo tra la porta della toilette e lo sportello d'uscita, accucciato con la testa fra le ginocchia nude, piagnucolante era lì.
Alzati gli disse con voce paterna. Il bimbo si alzò strisciando con la schiena l'angolo della carrozza. Non hai il biglietto?. Il bimbo mise la mano in tasca e porse la tessera da ferroviere. Il controllore perplesso: Allora perché?. E lui scoppiò in pianto e fra i singhiozzi disse: Mi toccava, voleva baciarmi. Il controllore gli scompigliò benignamente i capelli e il bimbo si ritrasse d'istinto. Il treno intanto stava rallentando entrando in stazione.
Il controllore chiamò la milizia che aveva ancora lo sportello semiaperto. Un milite aiutò il bimbo a scendere e lo condusse in una stanza-ufficio poi chiamò un altro milite e insieme salirono sulla carrozza. Non lo trovarono, forse era sceso dalla parte dei binari.
Il bimbo, che intanto si era affacciato alla porta della stanza, corse via. Aveva paura dei militi, delle loro domande, non voleva far sapere niente di quella cosa. Si inoltrò nel sentiero che costeggia il binari. Non si poteva, ma lo aveva fatto altre volte con il babbo per raggiungere la stazione.
La casetta dei nonni era vicinissima alla ferrovia, la parte dietro confinava con la scarpata dei binari. Correva a perdifiato, saltando i ciottoli scivolati sul sentiero, sentiva le lacrime che gli si asciugavano e la pelle intorno agli occhi che gli tirava. Aveva paura di essere inseguito, il cuore gli saltava in gola, gli pareva di avere una cintura in petto che lo stringesse.
Alzò il gancio del cancelletto e corse ancora fra lo starnazzare dei polli e delle oche. La nonna era al pozzo: O Coc sei qui? - Sì rispose a malapena. Il nonno arriva subito, sei stato proprio bravo. Ma lui non la sentì, si rifugiò nella cucina semibuia. Si sedette e si calmò un poco.
Lentamente cominciò a stringere l'orcio dell'acqua, il tavolone con la tajapena, a sentire il ronzio delle mosche che andavano a morire sulla striscia moschicida, poi guardò in alto, sopra il cassettone. C'era il lenzuolo bianco che copriva e ciamblon con il buco al centro. Sorrise, si sentì a casa ed era diventato più grande.
Vi. Ve.