VICISSITUDINI LAVORATIVE

Negli anni settanta ho prestato servizio ferroviario presso la biglietteria della stazione di Forlì. Abitando in quel di Rimini ero costretto, come diversi altri dipendenti dell'impianto, al disagiato ruolo di lavoratore pendolare.

Ricoprivo la qualifica di capo gestione e puntai, fin dall'inizio, a inserirmi nell'ufficio biglietteria, ambita meta dei residenti fuori sede perché, fra le gestioni, era quella che di gran lunga annoverava più addetti nei turni di lavoro continuativo, condizione che consentiva di effettuare meno viaggi. Un'aspettativa però che riuscì a concretizzarsi solo dopo un anno circa di peregrinazioni fra gestioni merci e bagagli.

Il tragitto per raggiungere il posto di lavoro e viceversa avveniva, salvo rare eccezioni, in treno. Per il turno del mattino partivo da casa di buon'ora. C'era un treno locale, allora chiamato accelerato, in partenza da Rimini per Bologna alle 5.20 che di norma consentiva di arrivare poco prima delle 6, ora stabilita per il cambio al collega che aveva effettuato il servizio notturno.

Mi accorsi ben presto però che non di rado potevano esserci complicazioni. Quando sulla linea vi erano treni a lunga percorrenza non in orario, salire su quel negletto locale poteva rilevarsi una trappola. Il rischio era la sua sosta prolungata in piccole stazioni intermedie, per dare la precedenza al transito dei treni ritardatari di categoria superiore. In quei casi si arrivava a Forlì con ritardi a volte anche vistosi. Una situazione imbarazzante che il collega al quale davo il cambio certo non gradiva.

Dopo alcune di queste esperienze cercai bene di evitare che si riproponessero anticipando la partenza da Rimini, prendendo un treno direttissimo, proveniente da Bari per Milano, alle 4.50, con fermata nelle sole stazioni di Cesena e Forlì. A parte il sacrificio di alzarsi prima, il problema sembrava risolto.

Un giorno, nel gennaio del 1973, quando mi alzai trovai che nella notte vi era stata una copiosa nevicata che tutto aveva ricoperto con una spessa candida coltre. Per me che abitavo a due passi, in via Gambalunga, arrivare a piedi in stazione non rappresentò un'impresa, ma caso volle che ci arrivassi all'ultimo momento, con il treno delle 4.50, o almeno così credevo, già fermo sul binario e in partenza.

Mi precipitai di corsa e salii appena in tempo prima che si muovesse. Mentre il direttissimo sferragliava veloce sui binari, guardando dal finestrino, cercavo di rendermi conto sugli effetti della recente nevicata. Poi rimasi lungamente assorto nei miei pensieri e solo il sobbalzante rallentamento del treno riportò la mia attenzione verso l'esterno.

Pensai: ecco siamo in arrivo nella stazione di Cesena ma fui subito smentito. Con sommo stupore questa fu superata. Solo allora mi resi conto con sconforto di non essere salito sul solito treno ma evidentemente su un altro in ritardo. Il maltempo quella notte aveva sconvolto la circolazione. A quel punto era scontato che sarebbe saltata anche la fermata di Forlì.

Rimasi preda di tumultuose riflessioni, mi domandavo dove sarei finito. Probabilmente a Bologna! Quando e come sarei potuto poi tornare a Forlì? E il collega che smontava dalla notte, con il quale avevo non facili rapporti, come l'avrebbe presa? E gli altri colleghi? Sicuramente mi avrebbero preso in giro per un bel po'!

Improvvisa e rapida maturò un'avventata decisione. Raggiunsi la vettura in coda al treno, dove non incontrai anima viva. Considerai come comportarmi e mi dissi: se il convoglio ha rallentato prima dell'ingresso nella stazione di Cesena sicuramente, altrettanto avverrà anche per quella di Forlì.

Nel qual caso non avrei esitato, aperto lo sportello e aggrappatomi al maniglione esterno sarei sceso sul predellino e, non appena superato uno dei pali della linea elettrica, mi sarei gettato nel sentiero che costeggiava la linea ferrata confidando che lo spesso strato di neve avrebbe attutito l'impatto.

Ci fu il previsto rallentamento e agii, senza titubanze, come avevo preordinato. Appena toccai il suolo fui sospinto con forza in avanti, ruzzolai, un attimo dopo mi trovai lungo disteso. Nella caduta riportai solo escoriazioni al palmo delle mani. Rialzatomi raggiunsi ancora scosso l'ufficio movimento, dove vi era la cassetta di pronto soccorso; fui sommariamente medicato. Dopo di che presi regolarmente servizio.

Ripensando al mio comportamento riconosco che agii da irresponsabile. L'avventura era finita bene ma avrebbe potuto avere ben altre conseguenze e implicazioni.

Giovanni Vannini