BATTUTE DI CACCIA

Il socio Colonna Benito (Toni) rileva dalla sua miniera di ricordi ferroviari, quando ancora svolgeva le sue mansioni di macchinista a Torino, questa sua vicissitudine.

Quando da Torino si sceglieva di andare a Varallo Sesia, lo si faceva per motivi più che giustificati. Già il viaggio per se stesso era piacevole. L'orario era largo, perciò il treno poco impegnativo. La linea in molti tratti attraversava riserve di caccia che per molti chilometri, specialmente nella buona stagione, offriva una visuale boschiva magnifica.

Su questo treno era permesso viaggiare solo con biglietti a pagamento, perciò, su quella linea fuori dai flussi principali, i viaggiatori normalmente si riducevano a pochissime persone. Ci poteva capitare che nella tratta da Santhià a Romagnano, all'incrocio con altro treno, il collega ci gettasse vicino alla cabina di guida un foglietto avvolto in un sasso con sopra scritto il punto preciso dove avevano investito fagiani o qualche lepre.

La ben fornita riserva di Rovasenda era piena zeppa di selvaggina. Al mattino con la rugiada, o dopo un acquazzone, specialmente fagiani, venivano sulla massicciata del binario per asciugarsi. Quando transitavamo, qualche poverino veniva travolto. Nel foglietto informativo del collega era segnato il punto preciso dove si trovava l'animale (cippo chilometrico più o meno metri).

Ci si accertava che in vettura non ci fosse qualche capoccione poi, previa veloce fermata, credendo volesse salire si dava il passaggio al bel e buon fagiano che sarebbe finito, con tutti gli onori, ben arrostito con contorno di patatine al ristorante di stazione di Varallo dove, la signora che lo gestiva, ogni volta ci teneva dare dimostrazione di essere una brava cuoca.

L'altro motivo era che, a fianco della cittadina, scorreva il fiume Sesia con le sue limpide acque. Fra scogli e ghiaioni, nella stagione estiva è un bellissimo posto per prendere la tintarella. Io e il mio aiutante ne approfittavamo pure per farci una bella pescata, tanto di tempo ce n'era a sufficienza: si arrivava al mattino verso le nove e si ripartiva il pomeriggio verso le diciannove e trenta. Non era che coniugare il dovere con il piacere.

Benito Colonna