I NOVEMBRE 1943

Il socio Vito Milano (Tonino), quale diretto testimone, rievoca una terribile, tragica, giornata vissuta dai cittadini riminesi nell'ultima guerra, il primo devastante bombardamento aereo Alleato, che si lasciò dietro un triste bilancio di lutti e rovine. Una scia di sangue con un alto costo in vite umane: si registrarono ben 92 morti e 142 feriti. Le conseguenze furono che, in un breve volgere di tempo, anche per il susseguirsi delle incursioni aeree, si assistette a un fuggi fuggi generale con lo sfollamento in massa della popolazione che, disperata e terrorizzata, cercò rifugio e salvezza in località del circondario.

Noi ragazzi rastrellati dai tedeschi, per strada o nei cinema, accasermati nella scuola Teatini davanti alla cattedrale, con fascia al braccio, veniamo adibiti alla sorveglianza delle loro linee telegrafiche, lungo il percorso che, dalla piazza Giulio Cesare, ora Tre Martiri, dove risiedeva il loro comando, fino al mare, ora piazzale Kennedy, residenza di un altro loro comando. Dovevamo coprire turni anche notturni di due ore di guardia e quattro di riposo. Io ero accoppiato a un altro mio coetaneo, Sergio Cesaretti, scomparso qualche anno fa.

Al mattino del primo novembre, a riposo, ci trovavamo appunto nella scuola e osservavamo le persone in uscita, dopo la messa di mezzogiorno, dalla cattedrale. Era una splendida mattinata quando nell'aria echeggiava sinistra la sirena d'allarme, alla quale fino a quel momento non avevamo mai dato eccessiva importanza. Consideravamo la nostra città un obiettivo di scarso interesse strategico militare. Invece, immediato fu il rombo delle fortezze volanti provenienti dal mare e quindi la pioggia di bombe sulla città che seminò morte e distruzioni.

Era il primo tragico bombardamento. Si precipitò in un'indicibile angoscia collettiva. Da quel momento cominciava il massiccio triste esodo della popolazione verso le colline e campagne circostanti. Le strade sono invase da carretti, veicoli d'ogni sorta, atti a portare in salvo masserizie e persone da quei terrificanti bombardamenti che si susseguiranno frequenti per un intero anno!

Con la mia famiglia resistiamo ancora una settimana, all'assillo di dover fuggire ogni qualvolta suonava l'allarme. Alla fine stressati dai frequenti allarmi e per il timore di nuove incursioni aeree, trovata un'angusta camera cucina nel ghetto collinare di Vergiano, a sei chilometri da Rimini, ci accingiamo al trasloco. Io e mia sorella Anna, caricato su di un carretto due materassi, due reti da letto e un baule di biancheria, ci avventuriamo sulla Marecchiese, allora strada non asfaltata e polverosa. Lei a spingere da dietro tenendo per mano la bicicletta.

Cominciava a imbrunire e a piovigginare quando, nell'ultimo tratto, lasciata la strada statale, affrontavamo la ripida salita che conduceva a destinazione. Un'impresa difficoltosa, ero sfinito e nonostante gli sforzi non si riusciva più a procedere, solo con l'aiuto provvidenziale di alcuni volonterosi del posto si superava l'impaccio. Finalmente a casa, (si fa per dire!). Stanchi morti e allestito il misero giaciglio subito a dormire.

Un intero anno dura il calvario di Rimini e dei riminesi. Bombardamenti, privazioni d'ogni genere, paura e tanta fame! Tutto era razionato, si viveva solo esclusivamente con quei pochi alimenti consentiti dalle tessere annonarie. Le razioni, ridotte al limite della sopravvivenza; anche con i soldi non era facile trovare generi a mercato nero, quindi: fame, tanta fame e altrettante paure dei bombardamenti frequenti. Mia madre era costretta a tenere sottochiave ogni cosa di commestibile perché, io in particolare, ero irresistibilmente attratto da ogni genere alimentare: pane, forma, zucchero e quant'altro! Alla mia età, 17 anni, non era certo facile placare la fame struggente.

Vito Milano