FRAMMENTI

Questi amarcord devono essere frammenti di vita vissuta, qui, da ferrovieri, frequentatori già giunti agli anni... anta... anta!
Ricordi, impressioni, sensazioni, nostalgie come flash che possono far rivivere particolari inediti da aggiungere e completare il magnifico libro di Storia del Dopolavoro.

Dopolavoro 11

1 Novembre 1943 ore 11.40

L'incrocio di Corso Umberto I, oggi Corso Giovanni XXIII, con la via Bastioni Settentrionali, oggi una parte chiamata via Vittime Civili (era detta allora via Delle Mura). Già, le mura; sarà bene spiegare ciò che allora (anni '30 - '40) intendevano, quelli del posto, per via delle mura. Era la trasversale che da via Gambalunga (angolo società elettrica) correva verso il Marecchia e che sul lato destro, prima dell'incrocio aveva la mura che cingeva il famoso ristorante Il Giardinetto da Bruno e oltre, sempre sul lato destro, c'era, e c'è ancora, la lunga mura che correva di fronte alla casa di tolleranza, comunemente conosciuta la Dora. Ricordo l'allora esplicito ma va dalla Dora sostituito oggi dall'internazionale Vaffa....

Lì sul Corso Umberto, poco prima dell'incrocio, c'era la Croce Verde; due costruzioni non grandi, poste una di fronte all'altra ai lati della strada e, almeno mi pare di ricordare, con due gradini d'accesso piuttosto larghi e bassi tutt'intorno. Dietro, sulla fiancata della mura del ristorante, qualche mese dopo l'inizio della guerra, avevano costruito una specie di rifugio per gli eventuali bombardamenti degli aerei nemici.

Il rifugio però poteva essere considerato un riparo, coperto com'era da tondelli d'albero che ancora avevano fresche frasche. Del resto non era molto usato perché la città non era mai stata bombardata e troppi non facevano più caso all'agghiacciante suono della sirena che annunciava il pericolo. Erano passati oltre tre anni dall'entrata in guerra.

Mia mamma ci andava perché la Martina, nostra coinquilina, aveva il cuore ballerino ed essendo sola (il marito, Piron, era marinaio) insisteva dicendo che là sotto si sentiva più sicura.

Quel giorno, era mattino inoltrato, erano tutti col naso per aria per localizzare quel rumore forte, intermittente, come di un gigantesco calabrone. Era il rumore di una decina di quadrimotori che ci stavano sopra. Tante formiche saremo apparsi dal cielo ai piloti: formiche impazzite che si gettavano a terra, si tuffavano in ogni pertugio o correvano a perdifiato senza meta.

Gli scoppi erano secchi e il fragore del franare dei muri come un brontolare basso di un Dio stizzito. Case squarciate, muri distrutti, morti, urla di feriti e grida di aiuto. Nel rifugio ombra c'erano morti e feriti. L'orefice Toni fu colto in pieno sulla strada e il suo corpo scaraventato sul tetto di fronte; una gamba storta pencolava dalla grondaia.

Quando riuscii a uscire da sotto il bigliardo del Bar Roma, ove mi ero tuffato, andai verso il rifugio e sullo scalino vidi mia mamma che sorreggeva il capo della Martina: erano salve. - furtuna ch'la guera l'era fnida* - ripeteva mia mamma; la Martina taceva a capo chino, con la mano sinistra sul cuore e la destra abbandonata nel suo grembo.

Arrivavano dalla stazione: - una strage - dicevano; - decine di morti - hanno colpito il deposito, locomotive distrutte, binari saltati - e mia mamma scoppiò a piangere forte, a singulti prima poi vomitò sul zinale nero; - Il babbo, il babbo - urlava, - non lo vedremo più, lo sento, lo sento -. Le abbracciavo e le stringevo a me tutte e due.

Abbracciavo i loro capi con la mia testa in mezzo. Mi commossi e piansi. Le lacrime salate mi velarono gli occhi e, nell'asciugarmi col dorso della mano, lo vidi. Era a trenta metri da noi. - È qui è qui - gridai e la mamma, dopo un attimo, pianse più forte. - O Signor at ringrezie, at ringrezie Signor** - lo ripetè tante volte. - L'è ste la grezia ad Santantonie ch'ai ho sora me let*** -.

Intanto mio babbo ci aveva raggiunto; era con la solita divisa da fuochista, ma senza berretto, il viso era nero di fuliggine e sulla fronte era nitida la linea della pelle pulita. - Andem so andem, a so po' i que**** - ma mia mamma continuava a piangere e le sue gote erano solcate di lacrime - A so i que, su andem -.

Mio babbo l'aiutò ad alzarsi e a me: - guarda la Martina - che cupa e silenziosa si alzò, da sola, mi diede la mano e tornammo a casa. Non era stata colpita. Alla sera eravamo già in campagna; sfollati.

Traduzione:
*        Fortuna che la guerra era finita.
**      O Signore ti ringrazio, ti ringrazio Signore.
***    È stata la grazia di Sant'Antonio che ho sopra il letto.
****  Andiamo su andiamo, sono pure qui.

Vi.Ve.