GENIO MILITARE FERROVIARIO

Il socio Benito Colonna (Toni) rievoca, per i nostri lettori, le tappe che precedettero la sua assunzione nel Genio Ferroviario. Meta e riscatto sociale acquisiti con merito, spirito di abnegazione, tenacia e massima determinazione.

Nel mese di maggio 1955, uscito il bando di concorso per il Genio Ferrovieri, feci domanda di partecipazione. Fui accettato dopo una minuziosa visita medica e la dimostrazione che avevo frequentato una scuola di ramo tecnico. La prospettiva di una riuscita finale mi pareva alquanto aleatoria in quanto supponevo, e non a torto, che saremmo stati in tanti.

Seppi in seguito, a concorso terminato, che per quei sessantacinque posti, trentacinque da macchinista e trenta da capotreno, avevamo concorso in quarantamila. Fin da subito non mi ero fatto troppe illusioni, ma bisognava tentare! Chissà? In fondo al cuore bisognava nutrire un po' di fiducia in se stessi e un po' di speranza. Così mi preparai a combattere la prima vera battaglia della mia vita.

Prima selezione al distretto militare di Forlì: tanti arrivati, pochi resi idonei. Distretto militare di Pesaro: eravamo rimasti una quindicina. Ai primi di Agosto, alla sera restare in caserma? Eravamo ancora in borghese e non soggetti al regolamento militare. Manco a pensarci, tutti al mare in compagnia, fra musiche e divertimenti. Io solo restai in caserma. Mi coricai presto: al mattino seguente volevo essere riposato e pronto.

Ero pienamente consapevole che qui si giocava il destino della mia vita. Non volevo tornare in quel buco d'officina dove lavoravo, sfruttato e senza avvenire, tanto sudore per poche lire e col fiato del padrone sempre sul groppone. Mi sarei impegnato al massimo per una buona riuscita. Avrei dovuto combattere contro i miei coetanei cercando di fare meglio di loro, onestamente, ma con la massima determinazione.

Al mattino di buonora, dopo un sonno ristoratore, mi recai al bar della caserma. Un cappuccino ben caldo e una pasta mi misero in condizioni eccellenti per affrontare la giornata. Gli altri concorrenti la sera precedente avevano fatto le ore piccole. Mezzo assonnati rispondevano al mio saluto fra uno sbadiglio e l'altro. Mi spiaceva per loro ma si sa: morte tua vita mia. Così facendo mi avevano concesso un vantaggio che senz'altro mi avrebbe favorito.

Iniziammo le prove di selezione e a mano a mano che proseguivano nutrivo sempre più fiducia nella riuscita. Terminata la prova ci fecero attendere. Eravamo in cortile, stavamo chiacchierando confidandoci su come erano andate le cose quando un militare, avvicinandosi, chiese: Chi è Colonna? - Sussultai: - e adesso cosa vuole costui da me? - Perché proprio io e non gli altri? Risposi: Sono io, che cosa c'è? - Seguimi ti vuole il Comandante.

I pensieri mi attraversavano la mente senza un indirizzo preciso. Introdotto in un ampio salone mi trovai al cospetto di un omone con tanto di gradi di cui ignoravo il livello. Alzatosi dalla sedia, posta dietro la massiccia scrivania, mi venne incontro con un sorriso accattivante porgendomi la mano: - Bravo, mi complimento con te, hai superato la prova. - Avrei voluto fare salti di gioia, a stento mi trattenni. Lo ringraziai. Congedandomi, mi salutò con un sorriso. Un'altra porta si era aperta. È difficile spiegare quale sentimento ho provato in quegli attimi, ma garantisco che è stata un'esuberante, travolgente soddisfazione.

Benito Colonna