UNA SERA A RAVENNA

Il socio Benito Colonna, ex macchinista delle ferrovie, rievoca, in questo breve racconto, una disavventura che gli accadde quando ancora prestava servizio.

Stava scendendo il buio della notte. Il freddo penetrava nelle ossa. Mi ero recato al piazzale dove dovevo prelevare due automotrici gruppo 880 per effettuare un treno su Faenza e quindi, una volta ricoverate in deposito, rientrare a Rimini fuori servizio con la prima vettura utile.

Bloccati i motori a ottocento giri con una copiglia nella cremagliera della pompa d'iniezione, ero in attesa di avere aria del freno a sufficienza per potere manovrare e recarmi in stazione. Mi accorsi che il motore all'altro capo del convoglio stava aumentando di giri in maniera eccessiva.

Nel correre lungo il corridoio misi un piede in fallo causandomi una storta. Il dolore insopportabile mi stava togliendo il respiro. Stavo per svenire e non c'era nessuno nei paraggi per potere chiedere aiuto. Intanto la caviglia si era gonfiata in maniera inverosimile. Seduto in vettura, aperto il finestrino, l'aria fresca sul viso mi aiutò alquanto.

Trascorsi dieci minuti udii la voce del manovratore che doveva accompagnarmi in stazione. Gli dissi ciò che mi era capitato e che col dolore che avevo ero impossibilitato a effettuare il treno, tanto più che non potevo di certo pigiare il piede sull'acceleratore.

Avvisato il capostazione, questi prontamente venne alle automotrici. - Maestro, non ho nessuno per poterla sostituire, sopprimere il treno vorrebbe dire non portare alle loro case gli operai della zona portuale che hanno effettuato il turno del pomeriggio. La prego faccia uno sforzo -.

A queste parole gli dissi: - Quello che mi chiedi è un grande sacrificio, dovrei essere portato all'ospedale locale per accertamenti, ma siccome voglio tornare a casa, l'ascolterò, ma a un patto, cercherò in qualche maniera d'arrangiarmi, ma giunto a Faenza, mandatemi qualcuno del personale di macchina che si trova nella località a prelevare le macchine.

Così accontentai capostazione e operai. Giunto a Faenza mi aiutarono a salire sulla vettura poiché avevo un solo piede funzionante. A Rimini l'aiuto mi venne dato da due fidanzatini che, con la loro auto, mi portarono fino alla mia. Qui, messa la seconda marcia e senza cambiare, gliela feci a raggiungere casa mia. Il fatto che ho narrato sembra di poca importanza, ma vi garantisco che è stata una bella tribolata.

Benito Colonna