MILIZIA FERROVIARIA
UN PECCATO D'INCOSCIENZA GIOVANILE

Il Socio Vito Milano (Tonino) in questa breve nota autobiografica, riferita a vicissitudini nel corso del secondo conflitto mondiale, rileva, fra l'altro, come ancora, a distanza di tanti anni e con tormento autocritico, affiori il disagio per una scelta avventata, seppure di breve durata, dettata dal bisogno e, come afferma, dall'incoscienza dei suoi diciotto anni.

Vi è stato un particolare breve periodo della mia esistenza, nei tenebrosi anni bellici, sul quale ho sempre sorvolato perché un po' me ne vergognavo e non ne ho mai parlato con alcuno! La mia assunzione in un reparto della polizia ferroviaria o, meglio, milizia ferroviaria, un periodo di pochi mesi. Senza alcuno spirito di parte, anzi addirittura di un genitore alquanto antifascista: tant'è che mi presi non pochi rimproveri.

Era l'inizio del 1944, il periodo più tenebroso per l'Italia e per Rimini, martellata dai continui bombardamenti. La Repubblica Sociale aveva cominciato a chiamare alle armi la classe 1925 e si accingeva alla prossima chiamata della mia classe 1926. Molti, per scampare a tale evenienza, timorosi di finire chissà come e dove, pensarono, bene o male difficile a dirsi, in quei momenti di farsi assumere dalle ferrovie nella locale milizia dove si era assicurati di svolgere servizio nell'ambito ferroviario riminese.

Qualcuno, si seppe poi, era stato infiltrato dalle organizzazioni partigiane, ma questo dopo la guerra! Questa mia decisione presa alla leggera, senza pensare a cosa potevo incorrere, sempre dovuta alla mia incoscienza giovanile e alla necessità di uno stipendio tanto utile in quei burrascosi frangenti.

Il servizio cui ero impegnato trattava la sorveglianza di quel che restava del sconquassato e distrutto apparato dell'impianto ferroviario. Comunque considerato come un altro qualsiasi ferroviere. Nel mese di Luglio, quando la situazione bellica continuava a precipitare e il comando si accingeva a trasferirsi al nord, io pensai bene di dimettermi, fortunatamente senza il pericolo d'incorrere in procedimenti disciplinari, anche perché il comandante, già Capostazione, conoscente di mio padre mi aveva bonariamente lasciato libertà di decisione.

È stata un'avventura che ho sempre considerato un peccato d'incoscienza giovanile che però, provvidenzialmente, mi ha anche miracolosamente salvato da un pericoloso rastrellamento che un giorno i tedeschi eseguirono in uno dei loro blocchi stradali; allora io, potendo esibire il lasciapassare che mi era rimasto dalla precedente occupazione, mi salvai dal peggio! Posso considerarlo un miracolo capitatomi.

Miracolo da aggiungersi ad altri fra i quali uno in cui, dovendomi recare per ferrovia in quel di Bologna per visita medica per l'assunzione nel reparto di milizia ferroviaria, incappai, nella stazione di Santarcangelo, giacché quella di Rimini era fuori uso, in un mitragliamento aereo che mi costrinse a un tuffo nel vicino fossato!

Per allontanarmi da quel luogo pericoloso riuscii a imbarcarmi in un treno merci, fermo in stazione, che mi traghettò fino a Bologna, dove poi appresi di avere viaggiato su un di un treno carico di esplosivi, proprio quello forse cui miravano quegli aerei che avevano anche picchiato sulla stazione di Faenza uccidendo il macchinista di un altro treno, che io conoscevo bene perché vicino di casa!

A volte si dice: i casi della vita e dal mio racconto si può ben capire quante ne abbiamo dovute passare, malgrado la giovanissima età.

Vito Milano