FRAMMENTI

Questi amarcord devono essere frammenti di vita vissuta, qui, da ferrovieri, frequentatori già giunti agli anni ...anta ...anta!
Ricordi, impressioni, sensazioni, nostalgie come flash che possono far rivivere particolari inediti da aggiungere e completare il magnifico libro di Storia del Dopolavoro.

Dopolavoro 9

Qualche giorno prima aveva vissuto il più grande accadimento. Il Duce aveva dichiarato la guerra. Marco era in piazza Cavour, una piazza gremita con tanti ufficiali sulla torretta, tutti in piedi ad ascoltare la voce potente, stentorea del grande condottiero: una parola trasvola dalle Alpi all'Oceano Indiano, vincere! Lui aveva un groppo in gola; e vinceremo ma quella parola l'aveva anticipata. Gli era rimbalzata dal cervello al cuore, al suo cuore di adolescente che voleva credere; che aveva la certezza della vittoria. Non avevamo noi dunque l'esercito più forte del mondo? E la perfida Albione; e la Francia, che avevano tante colonie oltremare, volevano negare a noi un posto al sole?

Sulla torretta gli ufficiali della milizia si abbracciavano, si davano pacche sulle spalle e si stringevano la mano, che non era più di moda, dopo il saluto teso.

Era meriggio inoltrato, la piazza lentamente si vuotava, Marco rimase fino all'ultimo, passava ad ascoltare da un gruppetto all'altro e godeva quando sentiva elogiare le gesta del nostro Duce; prima l'Impero, poi il Generale Badoglio che con il suo cavallo bianco entrava ad Addis Abeba, poi, ancora, il Generale Graziani e i suoi dubat e gli ascari dell'Eritrea con il fez rosso. Pensò al suo atlante che sarebbe stato pieno di bandierine tricolori infilate con uno spillo su tutti i nomi delle città conquistate.

Tornò a casa che il sole era alle spalle e il caldo forte, afoso, era scemato. Agli angoli delle strade alcune persone commentavano. Al bar Roma, in particolare, un giovane alto e bruno parlava sottovoce e altri due, un uomo e una donna, che assentivano. Lui rallentò, passando loro vicino, ma il giovane smise di parlare, tuttavia, appena allontanatosi di due passi, sentì: speriamo bene. Non gli piacque; che voleva dire? Metteva in dubbio la vittoria? Non gli piacque proprio; come si poteva pensare una cosa simile; non aveva sentito le parole del Duce? Non aveva visto tutti gli ufficiali che si abbracciavano? Avevamo diritto anche noi di un posto al sole. Gliela avremmo fatta vedere e si immaginò già combattente, anche ferito, magari non proprio grave, un colpo di striscio alla fronte che grondava sangue, sangue di un combattente per la patria.

Attorno alla fontana dell'acqua fresca; quella di via Clodia, vi era gente silenziosa. Marco la vide; era nella fila dietro che aspettava il suo turno e l'attese. Fecero un poco di strada insieme sul marciapiede del corso, Marie-Anne camminava spedita e lui, quasi rincorrendola, le disse; siamo in guerra, hai sentito il discorso del Duce?. Lo so rispose lei, trascurando la domanda. Marco rimase perplesso, insoddisfatto, aveva tanta voglia di parlarle, esternare tutta la sua gioia, la sua bramosia di combattere, ma lei allungò il passo e si mise a correre.

La raggiunse sul portone della sua casa e nel corridoio buio cercò di baciarla. Ma riuscì solo a sfiorarle la guancia e rimase attonito ad ascoltare lo scalpiccio di lei che saliva veloce le scale. Il sole era calato quasi improvvisamente e si era alzato un vento piuttosto robusto. Lingue di fuoco tingevano di un rosso languido quel cielo che si intravedeva fra i tetti delle case e che la vista, investita dal vento, faceva tremare come sotto un incendio.

Passò qualche giorno senza che riuscisse a vederla. Poi un mattino di sole ritornando da una partita a pallone contro quelli del Montegazza giocata ai Salesiani, la incontrò. Marie-Anne era con due cuginette umbre e fece le presentazioni con un certo sussiego da gran dama, ma la più piccola delle due, poteva avere sette o otto anni, disse: ah sei tu il famoso Marco? Facendo così palesemente capire che avevano parlato di lui. Quei cento metri di strada fatti assieme furono segnati da un imbarazzante silenzio, ma a un tratto, come garrulo schioppettio di note sonore, echeggiò e rese stridente la semplicità della frase: domani sera andiamo vedere "Uragano" al Dopolavoro.

Erano arrivati all'angolo e dovevano lasciarsi. La piccola si piantò di fronte a lui, quasi a impedirgli il passo e alzando il mento e guardandolo negli occhi ripeté: andiamo al cinema domani sera; hai capito?. Uno strattone della sorella la portò via. Marco sorrise sornione e si sentì vincente.

Continua
Vi. Ve.

Note: Il racconto è vero, non i nomi. Il giovane alto e bruno che parlava sottovoce ad altri due, un uomo e una donna, era Walter Ghelfi che divenne Commissario Politico della Brigata Garibaldi fucilato dai tedeschi a Fossoli. A suo nome fu intitolata la prima cellula del PCI delle Officine Locomotive, di cui il sottoscritto conserva la bandiera.