FRAMMENTI

Questi amarcord devono essere frammenti di vita vissuta, qui, da ferrovieri, frequentatori già giunti agli anni... anta, ...anta!
Ricordi, impressioni, sensazioni, nostalgie come flash che possano far rivivere particolari inediti da aggiungere e completare il magnifico libro di Storia del Dopolavoro.

Dopolavoro 7

Era quello il tempo delle fragole e si giocava insieme ancora, qualche volta, a nascondino con la conta del ci ci, co co.
Si facevano le collezioni, noi dei calciatori, loro degli attori e delle attrici. Qualche volta ci aiutavamo fra noi maschi; mi ricordo: ho Meazza, ti interessa? No! Quello difficile era Orsi. Si era nel 1938, poco prima del campionato del mondo di calcio che allora si chiamava, se ricordo bene, coppa Rimet.

Si giocava senza malizia e naturalmente noi, eravamo un po' più violenti nei nostri giochi; le corse di resistenza attorno all'isolato che comprendeva il Politeama in via Gambalunga e l'Ottico Severi all'angolo con corso Umberto I e Piazzale Cesare Battisti, la lippa, l'assalto al trenino a scaricare lo zolfo di Perticara per fare i botti. Loro, le femmine, saltavano la corda e giocavano a settimana, qualche volta anche noi.

Poi, tutto cambiò in poco tempo. Quella ingenuità del fanciullo si modificò a poco a poco. Cresceva in noi la netta consapevolezza che le nostre compagne erano diverse, molto diverse e per la prima volta le vedevamo gli occhi, i capelli, le gambette quando la sottanina svolazzava saltando la corda, oppure quei due bottoncini in più che si notavano sotto la camicetta di seta.

La Vanda un giorno mi disse velocemente: L'Anna Maria mi ha detto che tu gli piaci; è innamorata di te, quale fu la mia reazione? Quella di correre il più forte possibile, non per vincere, ma per farmi notare o fare i botti con le pasticche di potassa e lo zolfo. Ero più temerario, tant'è che mi saltò un tacco della scarpa. Loro guardavano e improvvisamente si raggruppavano strette e si sentiva come un lieve cicaleccio incomprensibile con risatine stridule e sguardi di soppiatto.

Anna Maria, la settimana dopo, doveva passare la prima Comunione. La vestirono di bianco, come si usava e così alta, con quel velo in testa e i capelli nerissimi che le scendevano sulle guance, a me sembrava un angelo. La Martina, la mia padrona di casa disse: l'am per 'na sposa. Non aveva ancora dieci anni.

Quel pomeriggio avevo una specie di vaneggiamenti, una frenesia che mi portava a uscire e rientrare in casa senza motivo, o forse il motivo c'era: perché quella mattina, avviandosi in parrocchia per la cerimonia con i suoi, di sottecchi mi aveva sorriso. In quella lunga giornata finii piantato sul gradino del portone di casa; vidi il sole lentamente calare, mentre il cielo soffuso di rosso schiariva i tetti delle case del borgo. Fu solo verso sera, quando l'ultimo chiarore si stava spegnendo, che la vidi. Lei venne verso di me di corsa e mi diede un santino in mano e... sentii bene queste parole: L'ho dato solo a te. C'era scritto: ed io pregherò Gesù per tutti voi che mi amate. Ero felice. Innamorato? Cotto.

Continua
Vi. Ve.