FRAMMENTI

Questi amarcord devono essere frammenti di vita vissuta, qui, da ferrovieri, frequentatori già giunti agli anni ...anta, ...anta!
Ricordi, impressioni, sensazioni, nostalgie come flash che possano far rivivere particolari inediti da aggiungere e completare il magnifico libro di Storia del Dopolavoro.

Dopolavoro 5
Amarcord del teatro del Dopolavoro

Mi pare si innalzasse su un lieve terrapieno e aveva certamente un'entrata grande dall'interno. Facendo un calcolo visivo, penso potessero esserci non più di quattro/cinquecento sedie/poltroncine. Il palco abbastanza grande aveva la sua bocca per il suggeritore e il tendone di chiusura era di velluto rosso pesante e aveva arabeschi in oro a quaranta o cinquanta centimetri dal legno del pavimento.

Lì, sono state rappresentate commedie importanti e anche piccoli varietà con modeste compagnie che allora passavano di città in città.
In quella sala mi è rimasta impressa l'immagine della distribuzione dei doni per i figli dei ferrovieri, nel giorno della befana fascista.

Ricordo, con un poco di nostalgia, il giorno che accompagnai sul palco il mio fratellino Franco, che non è più. Lui aveva cinque anni, io dieci e mezzo. La sala piena di gente era animata, c'era un brusio continuo, superato solo dalla voce squillante di un uomo in divisa che dal palco parlava con un megafono, annunciando i nomi dei bimbi che avevano diritto. Giunse chiaro il nome e il cognome di mio fratello e io salii con lui i pochi scalini. Sul palco, lo stesso che aveva il megafono, mi chiese chi fossi e subito quello annunciò forte: accompagnato dal balilla Vinicio suo fratello. Ci fu un applauso.

Una possente locomotiva a vapore che staziona solitaria presso il Deposito di via Monfalcone, ancora efficiente e pronta alla chiamata per il traino di treni storici

Quella sala così gremita con tutte quelle luci e quelle voci, quell'atmosfera di grandezza e di forza mi aveva inebriato. Mi parve d'essere al centro di una cosa sublime. Io Balilla con il mio nome gridato, mi sentivo forte e fiero.
Ma non avevo ancora la divisa. Non avevo la camicia nera e il fazzoletto azzurro che mi piaceva tanto. A scuola, nella classe del maestro Bacchini, eravamo solo in due a non averla. Mio padre non voleva. Diceva: im per tout baldaz.

continua
Vi. Ve.

Glossario:
Im per tout baldaz; significa: Mi sembrano tutti spaventapasseri.