FRAMMENTI

Questi amarcord devono essere frammenti di vita vissuta, qui, da ferrovieri, frequentatori già giunti agli anni ...anta, ...anta!
Ricordi, impressioni, sensazioni, nostalgie come flash che possano far rivivere particolari inediti da aggiungere e completare il magnifico libro di Storia del Dopolavoro.

Dopolavoro 4
Anteguerra

Quello scritto Of recollection dell'amico Vittorino Zavoli mi ha aperto la mente ad immagini e impressioni che mi hanno spinto poi a ricordare, puntualizzandole, situazioni certamente intensamente vissute.

La sala grande, ove oltre ad alcuni tavoli per il ramino, la briscola e tresette, vi era un biliardo ove si giocava, o meglio dire, giocavano a stecca, (io ero piccolo).
Allora, tuttavia, mi sforzavo, allungandomi, di porre sui cerchietti bianchi segnati sul tappeto verde i piccoli birilli, o come si diceva gli ometti. Due sfere di avorio più grosse e una più piccola, di colore diverso; mi pare. Sei buche, che quando la boccia vi cadeva dentro faceva un rumore di ferraglia.

Mi ricordo di un giocatore piuttosto alto e con una chioma abbondante, lo ricordo anche perché una volta si rivolse a me dicendomi: fatti più in là, Vergoncino (infatti lo imbarazzavo per il tiro) e poi rivolgendosi a un altro giocatore disse: qui se non si dà di culo non si fanno punti. A me rimase impressa quella parola culo detta da un grande, in pubblico, mi parve una enormità, una specie di parolaccia impronunciabile.

Quella brava persona e ripeto quella veramente brava, si chiamava Faini ed io, più grande, fui amico di suo figlio Sandro, valente ragioniere o forse dottore, con un ufficio conosciuto ed apprezzato al centro di Rimini, con diversi impiegati. Ora sarà certamente in pensione, aveva la mia età, e io abitando a Miramare da quarant'anni, ne ho perso le tracce.

Ma ritornando a noi, a me piaceva guardare. Aveva qualcosa di magico quel tavolo verde, forse un segreto nascosto. La lampada della grande luce scendeva sul biliardo e lo illuminava tutto, solo quello. I giocatori rimanevano in ombra e si avvicinavano al tiro con la lunga stecca, rivelandosi, spesso nell'atteggiamento tipico di chi sta per scoccare il tiro, semisdraiato sul biliardo, rimaneva diversi secondi in attesa di concentrazione e tutt'intorno silenzio. Poi il mormorio di soddisfazione o di sconcerto per un tiro perduto.

Forse ho già accennato quel nome, Faini e magari almeno un poco mi ripeto, ma certamente mi capiranno tutti coloro, anziani, che sollecitano ancora impressioni e ricordi. Per gli altri, i più giovani, riconosceranno una certezza: che ci siamo stati anche noi.
Vorrei scrivere i ricordi della Befana... del teatro. Un'altra volta!

continua
Vi. Ve.