Il celebre poeta e scrittore del seicento francese Jean La Fontaine metteva a confronto, in una delle sue tante educative fiabe che traevano ispirazione dal mondo animale, il diverso comportamento di due insetti: l'operosa formica e la stolta cicala. La prima nella buona stagione, previdente, accumulava provviste in previsione di tempi peggiori, mentre la seconda per questo la irrideva e passava, invece, le sue giornate oziando. Accadde poi, con il naturale ciclo delle stagioni ed il sopraggiungere dei rigori dell'inverno, che esaurita la disponibilità di cibo, l'una li superasse dando fondo alle riserve alimentari, mentre l'altra perisse d'inedia.
Senza voler interferire in storie altrui, dove a volte hanno pesato fattori legati ad imprevedibili avversità, una qualche trasposizione del succitato racconto potrebbe calzare anche per non poche gestioni dei nostri Dopolavori. Alcune, infatti, ora in affanno, o che hanno alzato bandiera bianca, in altri tempi di vacche grasse, senza lungimiranza, non hanno saputo o voluto risparmiare e tutelarsi con la costituzione di un fondo di riserva: utile ad affrontare le emergenze.
Pur tuttavia, per come sta evolvendo la situazione, nemmeno l'avere applicato atteggiamenti virtuosi potrebbe dimostrarsi sufficiente. In questi ultimi anni il quadro per i Dopolavori è decisamente mutato, perché investiti da oneri economici d'ogni tipo, imposti dalla Società FS, in modo così repentino e di tale portata che al pari di un terremoto ne ha scosso le fondamenta. Certo chi aveva basi fragili e non è intervenuto subito con misure opportune, o non era attrezzato adeguatamente, non ha resistito all'impatto.
Con la rottura di uno status quo in vigore da decenni e l'accentuarsi delle difficoltà è sopraggiunta la crisi che ha investito i gruppi dirigenti di non pochi DLF: con non episodiche riconsegne delle deleghe. Del resto l'equazione di perseguire l'obiettivo dei conti in ordine e nello stesso tempo assorbire i gravosi oneri delle nuove spese, non è stato facile. Per altro non lo è stato prendere conseguenti decisioni che modificassero abitudini consolidate, apportare restrizioni, tagli a volte dolorosi, non sempre capiti e nello stesso tempo cercare di elevare la redditività delle unità produttive. Tanto più che la situazione non si è di certo stabilizzata, in una rincorsa senza fine, incombe sulle aree d'insediamento, come una spada di Damocle, il lievitare degli affitti e l'incertezza del domani.
È quest'ultimo, infatti, il nodo principale da sciogliere per uscire dalla precarietà. Per quello che ci riguarda la meta agognata di salvaguardia, raggiunta già da una dozzina di dopolavori, è una sola, la speranza che anche il nostro DLF, se posto in vendita, sia acquisito, come sembra nelle intenzioni, dall'Associazione Nazionale.
Giovanni Vannini