Erano quasi vent'anni che aspettavamo di avere una sede tutta nostra, una sede, un buco qualsiasi dove dialogare, ritrovarci e, soprattutto, fare un plastico sociale. Il Gruppo Fermodellistico Riminese, nato dall'idea di Bruno Cividini e dall'immediata mia adesione, non aveva mai avuto una sede; ci si trovava sempre a casa di qualcuno, ma raramente, con ritmi che non consentivano che le chiacchiere. Quando ci ritrovammo forniti di una sede fu immediata l'idea di correre a progettare un plastico sociale, bello, grande, realistico, da costruirsi con materiali di prima qualità, facilmente trasportabile (per portarlo alle esposizioni). Io mi occupai immediatamente della progettazione e di ogni altra necessità per poter partire con la realizzazione ma un plastico sociale, di grandi dimensioni, trasportabile, ecc. richiede tempi di esecuzione molto lunghi. E Bruno lo sapeva bene! Tanto bene che, fatti i conti con la sua voglia di veder girare i treni su un pezzo di ferro, prese due cavalletti, due fogli di truciolare da un metro quadro, quattro scambi Rivarossi vecchi e sgangherati, qualche metro di rotaia curva e dritta che qualche socio aveva portato, rimanenze e vecchi ricordi e senza pensarci sopra molto, inchiodò al legno qualche ovale concentrico.
La mia vecchia piattaforma girevole Rivarossi, smontata dal mio plastico nel 1980, finì per essere lo spunto per un deposito
locomotive di grande respiro, troppo grande per tutto il plastico. Viste le dimensioni e le ristrettezze, un giorno, quasi per magia, il suo lato di un metro diventò di centoventi centimetri: Bruno aveva colpito ancora! Abbiamo avuto il coraggio persino di portarlo ad una esposizione, all'Associazione Dopolavoro Ferroviario di Rimini, in occasione delle Feste Estive che fanno ogni anno (riscuotendo, nonostante tutto, l'ammirazione di grandi e piccini!), così, nudo, fatto di scarti, alimentato da un vecchio trasformatore Rivarossi, posato su di uno sgabello, dicendo che era il banco di prova dei rotabili, con scambi a mano, stazione e fabbricati vari appena appoggiati sul legno grezzo, curve strettissime e tutti i suoi difetti ma, per noi, era sempre un treno che girava, era sempre meglio di niente e ci siamo affezionati. Durante l'inverno, dato che avevamo in sede tanta vecchia linea aerea e palificazioni Lima, Bruno volle posare la linea aerea su quasi tutti i binari, escluso il deposito locomotive. Nel frattempo i lavori al plastico, quello vero, procedevano, ma a rilento naturalmente, e fummo invitati nuovamente ad esporre alle Feste Estive dell'Associazione Dopolavoro Ferroviario di Rimini; fu allora che a Bruno, sempre lui, venne un'idea geniale e presomi sottobraccio, guardando quell'ammasso di rifiuti mezzo organizzato e senza nessun tipo di pudore, mi disse: "e se gli facessimo un po' di paesaggio e lo portassimo là? Che ne dici?". Bloccati tutti i lavori come sulla Direttissima, ci impegnammo tutti a dar sfogo alle nostre tecniche paesaggistiche, coinvolgendo persino alcune fidanzate e mogli. Naturalmente il lavoro da fare, che sembrava poco e svelto, risultò impegnativo ma il risultato fu molto migliore del previsto. Ovviamente si trattava sempre di un'impianto fatto con materiale di risulta ma adesso vedere circolare un treno è meno angoscioso di prima. Abbiamo voluto dedicare la stazione ad un socio scomparso qualche anno fa, Goffredo Fappiano, e la stazione porta appunto il nome di San Goffredo, città che non esiste nemmeno nell'elenco dei codici di avviamento postale e, quindi, non c'è proprio ma per noi ci sarà sempre. Il succo della storia è semplice: non occorre usare sofisticatissimi materiali tedeschi, non occorre usare le tecniche più opportune, non occorre essere realistici fino alla nausea, non occorre poter far circolare del materiale che sia in assoluta analogia storico-geografica, non occorre essere spietatamente bravi: occorre fantasia, collaborazione, voglia di giocare, come bambini e tanta memoria per non dimenticarsi mai d'essere stati anche bambini.
Luca Balducci